Premetto che da Noosa la sorte non e’ più’ completamente dalla mia parte visto che Fraser Island avrei potuto viverla meglio con altri compagni, il bus che mi ha portato ad Airlie Beach ha rotto due volte alcune cinghie del motore ed invece delle 14 ore di viaggio previste ne ha impiegate quasi 20 e il culmine e’ stato raggiunto con il maltempo proprio quando mi apprestavo a trascorrere alcuni giorni in barca tra le magnifiche Whitsunday. Cerco di vedere l’altro lato della medaglia e mi convinco che sono fortunato a vedere questa bellezza della natura con queste condizioni climatiche perché tutti le visitano col bel tempo e non sapranno mai come si presentano con pioggia e minacciosi nuvoloni. All’agenzia turistica mi propongono una vasta scelta di imbarcazioni e non sapendo che scegliere, cataloghi alla mano, mi concedo una mezz’oretta per valutare attentamente le varie proposte e alla fine opto per il “British Defender”, una barca a vela che ha avuto i suoi giorni di gloria vincendo alcune gare come il giro del mondo. Lunga circa 24 metri, un albero talmente alto che per veder la cima devi stare attento a non ribaltarti all’indietro e con la possibilità’ di fare immersioni mi sento super carico per questa nuova avventura. Facciamo subito conoscenza con l’equipaggio, lo skipper Dave, il tuttofare Greg e il cuoco Jo, tutte persone simpatiche e alla mano e per quanto riguarda i compagni di viaggio questa volta tiro un sospiro di sollievo, tutte persone che mi danno una buona impressione nonostante siamo in 24. Devo ancora salire in barca quando Greg ci chiede di non portare a bordo banane perché’ per superstizione non ne vogliono e qual è l’unico frutto che ho con me? La sfiga vince ancora. Ci lasciamo il porto alle nostre spalle con destinazione Whitehaven Beach e tempo mezz’ora inizia a piovere come il signore solo sa ma tira un’aria tendenzialmente calda che ci impedisce il congelamento istantaneo. Nonostante tutto le isole che ci circondano dettano legge e il maltempo passa in secondo piano: si ha l’impressione di navigare in un enorme lago di montagna perché le isole che mi circondano sono talmente ricche di vegetazione che sembrano colline. E’ sera quando arriviamo a Whitehaven Beach così gettiamo l’ancora e ci prepariamo per la cena. Il cielo tende a schiarirsi per cui incrociamo le dita per il giorno seguente. Al mattino le nostre preghiere sembrano esser state esaudite in parte perché vi sono sprazzi di cielo sereno e una volta arrivati sulla spiaggia facciamo in tempo a prendere un del sole. Un po’ di rammarico mi prende alla gola nel non poter apprezzare in pieno i colori i colori che questa spiaggia è in grado di esprimere ma mi distraggo da questi pensieri andando a scovare piccoli squali che infestano le acque e cercando di vedere almeno una tartaruga, invano. Ritorniamo in barca e salpiamo con direzione Tongue Bay, un altro modo di dire Paradiso perché è così che me lo immagino: la bassa marea in questo punto porta alla luce un’immensa distesa di sabbia che assieme all’acqua rimasta intrappolata in essa crea delle sfumature che assieme al cielo e al verde delle isole un panorama paradisiaco. E’ proprio come guardare le riviste di viaggio ma senza foto ritocchi. Le condizioni del mare non permettono di fare immersioni al ritorno in barca e così ci si accontenta di fare snorkeling: tanto basta perché’ sono talmente sul pelo dell’acqua che in certi punti temi di toccarli e la quantità’ di coralli che ho potuto vedere e’ immenso così’ come le loro forme e colori. Gialli, marroni, rosa, rossi, viola, blu, opachi, luccicanti, a forma di cespuglio, di palla, di enormi rovi, di complessi rami… troppo in una sola volta!! E poi i pesci, anch’essi pitturati di brillanti colori, che ti sfiorano in continuazione o che addirittura ti impediscono di vedere avanti perché ti nuotano giusto in fronte ai tuoi occhi; abbiamo fatto conoscenza di un enorme pesce, Maori e qualcos’altro è il suo nome, che come un animale ammaestrato senza timore viene a mangiarti il pezzo di pane che tieni in mano e si fa accarezzare e puoi così apprezzare la vellutatezza e l’arcobaleno di colori della sua pelle. Ci facciamo spingere nuovamente dal vento verso nord dove possiamo ammirare il tramonto in tutta la sua energia senza nulla che ne ostacoli la vista e il rosso del cielo è in grado di scaldarci l’anima. Anche questa volta rimango senza fiato. E’ notte e le poche nuvole danno spazio all’infinità di stelle che invadono il cielo e ti domandi se esiste un almeno un piccolo spazio senza una stella al suo interno, la via lattea deve chiamarsi autostrada lattea e mi domando come gli antenati hanno fatto a riprodurre le costellazioni. La risposta? Anni e anni di pura (e invidiabile) contemplazione. Rimango sul deck tutta la notte e nonostante il vento sia talvolta insistente cado in un sonno profondo facendomi cullare dai movimenti della barca. Il sole è già oltre l’orizzonte quando riapro gli occhi, scambio due parole con lo skipper (che tipo, un vero lupo di mare) e mi dice che ha partecipato un paio di anni fa alla barcolana: “crazy race!” il suo commento finale. Tempo di fare colazione e a vele spiegate ritorniamo al mondo normale.
Il nome completo del pesciolone e’ Napoleon Maori Wrasse ed e’ piuttosto frequente incrociare questo genere di pesce nelle acque della barriera corallina, ve lo dico per certezza visto che sono appena tornato da due giorni intensivi di immersioni. Presto mettero’ online questa mia ultima esperienza.
alla prossima
ciao