Mai dire Banzai!

On 28 Ottobre 2013, in Giappone, by Dome

È proprio la terra dei Manga. Se non si tiene in considerazione questo parametro fondamentale si rischia di non comprendere questo popolo e di confondere, tanto per fare un banalissimo esempio, la mascotte di una città come se fosse qualcosa di infantile.
Capisci che sei arrivato in una terra completamente diverse fin dai primi passi in aeroporto, se passi si possono chiamare dal momento che ci si sposta con treni-navetta. Al controllo passaporti c’è una angosciante quiete, tutti sono in fila uno dietro l’altro, dove  ben 3 controllori (per un centinaio di viaggiatori) fanno si che tutto fili per il verso giusto. Questa è la realtà che ho vissuto all’aeroporto Kansai di Osaka (per la cronaca l’aeroporto progettato dal nostro Renzo Piano).
Tempo di scendere da un aereo che ne prendo subito un altro, direzione sud verso Fukuoka, tappa per la mia prima notte in Giappone. L’indomani è già tempo di muoversi, questa volta via treno verso Nagasaki, prima vera tappa del mio itinerario.

L’arrivo a Nagasaki non è dei migliori, è ormai quasi buoi (giornate corte) e soprattutto piove: ciò significa bagnarsi dalla mattina alla sera dato che è stagione di tifoni e il sottoscritto odia gli ombrelli! A prima vista sembra una graziosa località (sarebbe una città a tutti gli effetti ma per gli standard nipponici è quasi una contrada da qualche milione di persone), attraversata da un curatissimo fiume il quale a suo volta è viene oltrepassato da una serie di minuti ponticelli di pietra: tutto ciò poi assume tutta un’altra atmosfera quando sporgendosi per vedere il letto del fiume ti accorgi che ci sono delle tartarughe.
Tappa al ground zero e al museo degli orrori della bomba atomica sono d’obbligo: della stupidità umana capisci che non c’è limite, del milione di aggettivi che si possono spendere a riguardo in questo momento mi sento di sottolineare l’eterna vergogna per il genere umano. Il ricordo dell’idiozia del lancio della bomba lo si avverte chiaramente girovagando per il museo ma anche per il vicino parco della pace; glielo si legge sulla faccia di quei vecchi che ancora si battono per far si che il ricordo non venga cestinato nel tempo, che dedicano anima e corpo a raccontare la storia a quella infinità di studenti che si susseguono ogni ora. A mio avviso quello che fa veramente paura è il contatto diretto con quello che la storia narra e quello che i tuoi occhi vedono: come detto poco fa Nagasaki non è così enorme, si riesce a farsi un’idea di come è fatta e di come si estende fra le colline ma quando poi ti trovi davanti alle ricostruzioni dell’impatto che la bomba H ha avuto sulla città e con quali conseguenze, a quel punto avverti la gravità della disperazione che avvolge questa gente. Mostruoso. Un inizio di viaggio decisamente sotto valutato, mi ci vorrà un po’ per riprendermi.

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