Nel freddo cuore della Patagonia

On 24 Gennaio 2011, in Argentina, by Dome

Non so voi ma io, fin da bambino, ho sempre avuto l’impressione che ogni cosa relativa alla montagna venisse paragonata alla natura della propria casa: quella montagnola è appena un quarto del monte Bianco, questa cascata è una baggianata rispetto a quelle delle Marmore, le pareti rocciose delle Dolomiti fanno impallidire quei picchi laggiù e ancora i ghiacciai delle nostre catene montuose sono in grado di fornire acqua a tutti i nostri fiumi. Ecco, proprio di questi ultimi ora mi sento di rivedere i miei metri di paragone perché dopo aver visto i ghiacciai della Patagonia si comincia a percepire la potenza intrinseca che si esprime ogni volta che parliamo di Natura. Mostruosamente agghiaccianti! Perdonatemi il gioco di parole ma questa è la reazione che si ha di fronte a tale spettacolo: si parla di centinaia di chilometri di estensione, centinaia di metri di spessore e un’attività “idrica” impressionante.

Non potevo fare finta di niente e andarmene senza provare i brividi di vivere un’esperienza su un ghiacciaio e così prima di lasciare El Chalten decisi che avrei assaporato il gusto di vestire ramponi e piccozze sul ghiaccio del Viedma. Ammetto che questa scelta è stata un poco condizionata da quello che mi aveva raccontato un ragazzo tedesco incontrato mentre facevo rafting sul Rio Corcovado nei pressi Esquel, ma questo è anche il bello del viaggiare e sentirsi parte di una comunità sempre pronta a consigliarti dove andare e cosa fare, senza filtri o cercando un qualche rientro: solo pura voglia di condividere le proprie eccitanti esperienze. Ed io sono stato pienamente ripagato.
Immaginatevi di stare fra le dune del deserto, tra queste sabbiose collinette disegnate dalla forza del vento in un paesaggio senza orizzonti; bene, ora trasformate la sabbia in ghiaccio e aggiungete una cornice montuosa: benvenuti sul Viedma! Impressionante camminare su queste creste e non riuscire a vedere la fine del ghiacciaio (una lunghezza di 30 Km fin oltre il confine cileno!), fermarsi ad osservare anche le più piccole crepe e l’intensità delle sfumature di blu che quasi sembrano artificiali, al fluire di rigoglianti fontanelle d’acqua che goccia dopo goccia scivolano verso il possente lago alimentandolo da migliaia di anni. E in questi posti la fantasia vola ricordando gli scritti di Chatwin e immaginando quali e quanti dinosauri ancora rimangano dormienti sotto questa ibernante e inviolabile coltre di ghiaccio.

Senza poi parlare del silenzio interrotto solo da deboli scricchioli di assestamento di questa massa gelida che costantemente si riproduce e avanza, cambiando la sua morfologia giorno dopo giorno ma senza dimenticarsi del suo valore, del suo compito. Segue gli ordini come fosse un esercito di élite, in attesa delle istruzioni dall’alto ma sempre pronto all’azione: così mi appare il fronte del ghiacciaio, come una serie di soldatini in linea sull’attenti, bramosi di entrare in battaglia. Non mi spiego il motivo per cui abbia questo genere di visione in testa ma forse, pensandoci, legando i concetti che “la miglior difesa è l’attacco” e che il limitrofo ghiacciaio di Uppsala ha iniziato a ritirarsi da alcuni anni a questa parte, forse un quadro generale me lo posso anche dipingere. Ripetutamente mi sono trovato a confrontarmi con la Natura e a chiedermi come sia possibile che stiamo sfruttando e rovinando così tanta bellezza, in modo del tutto edonistico e irrispettoso: perché dietro a questo velo di splendore si nasconde uno stretto legame con noi umani e tutto il resto, e fare del torto a una parte equivale a farla anche a noi stessi. E questo rapporto di fratellanza lo si respira ovunque in Patagonia, in particolare al cospetto del Perito Moreno. Imponente. Sontuoso. Maestoso. Difficile davvero trovare un aggettivo che calzi a pennello per descrivere questo ghiacciaio che in dimensioni supera di gran lunga quello del Viedma. Impressionante. Potente. E dannatamente vivo! C’è un’attività interminabile che ti rapisce: da qualunque posizione tu lo guardi non si può che rimanere affascinati dalla sua scultura, dai suoi colori, dai suoi suoni che fomentano l’attesa di vedere lo spettacolo di un crostone di ghiaccio staccarsi dal fronte e tuffarsi in acqua. Una sciocchezza a pensarla così su due piedi, consideravo la stessa cosa prima di trovarmi a faccia a faccia, ma dal vivo è tutta un’altra storia. Fidatevi.

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3 Responses to Nel freddo cuore della Patagonia

  1. Alessandro ha detto:

    Ciao Domenico, sono sempre paccuto!scusa se ti stresso, ma in Patagonia il budget si prosciuga con una velocità incredibile, quindi a volte è meglio chiedere in anticipo consigli! 🙂 io pensavo di fare la scalata al Viedma in alternativa al Perito Moreno, perchè credo sia più economico e molto bello, e visto che anche tu l’hai fatto volevo chiederti il prezzo vistoche in rete gli argentini hanno il brutto vizio di non metterli..Puoi risp anche via email! ciao e scusa ancora il disturbo!!

    • Dome ha detto:

      Ciao Alessandro, vai di Viedma e goditi il Perito! Puoi scegliere tra camminata sul ghiacciaio e camminata + arrampicata. La prima costa intorno ai 200 pesos (ma non ci metterei la mano sul fuoco) la seconda 550. Per il Moreno invece, oltre al trasporto, ci sono un centinaio di pesos di entrata per il parco nazionale… nessun disturbo!

  2. Alessandro ha detto:

    Grazie sei gentilissimo! spero di poterti aiutare anche io in un prossimo viaggio! ciao e stammi bene!

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